introduzione |
I bius e i motus (in italiano i vivi e i morti) è un gioco della mia infanzia Si collocano un adeguato numero di pietre disposte in fila a terra (denominate appunto i bius) che rappresentano altrettanti giocatori. Questi si dispongono paralleli ad esse e impugnano una pietra di dimensioni più piccola di quella che li rappresenta. I giocatori, a turno, lanciano la pietra contro i bius avversari, anche se, per errore, non è¨ raro che colpiscano la propria. Quando i bius vengono colpiti e quindi ridotti in posizione orizzontale (motus) vengono confinati in è 2^ fila, dietro quelle rimaste incolumi ( i bius) .Lo scopo del gioco è¨ quello di restare soli in prima fila (la fila dei Bius) e quindi di cacciare gli avversari fra i motus . Da questa posizione un avversario amico o/e magnanimo può farti risorgere, o al limite un giocatore distratto che sbaglia, poiché la posizione orizzontale preclude la possibilità di lanciare, di stare tra i bius, di giocare. Nel mio ricordo il gioco rappresentava la vita fatta di colpi più o meno bassi ma sicuramente duri. La percezione che mi rimane è¨ quella appunto di un gioco duro, di quelli che devi sperare negli errori avversari, devi eliminare, uccidere (boccì) gli avversari per restare da solo nella linea dei vivi. Considerato che si tratta di un gioco per bambini, ritengo che sia una pessima rappresentazione della vita dell'uomo, se continuiamo a riconoscerlo come animale sociale, animale che non può stare solo,dato che lo scopo del gioco è¨ appunto quello di restare solo. Con ciò non voglio dire che attualmente i giochi siano più rispettosi dei bambini e della loro formazione. In ogni modo questo gioco mi è venuto in mente nel rileggere il capitolo "I sommersi e i salvati" di Levi (Se questo è un uomo); ho assimilato i due ambienti perché entrambi permeati di una scaltrezza primordiale che non può far sperare in un futuro non violento del genere umano. |